Scoprii Jennifer grazie a Pistolesi!
“Quello lì non sa fare le volee”.
Jim Evert: “A 9 anni è meglio perfino di mia figlia Chris”

Cino racconta il primo incontro con…Stefano Capriati mentre Pistolesi affronta un giapponese. Jennifer aveva 9 anni. “Mia figlia le metterà tutte in fila!”.
Attenzione: la notizia del giorno sono le dichiarazioni di Andy Murray alla BBC sulle scommesse. “Bastano due doppi falli e ti puoi vendere la partita!”. Vai all’art. di Marcos “Scommesse, follie,match truccati” per capire come funzionano e leggi tutto quel che ha detto Murray anche nei commenti. Più sotto troverai l’art. con la lista dei 31 incontri giudicati sospetti di combines da un gruppo di “bookmakers” e pubblicati da un sito USA.
Dal momento che ho preso gusto a raccontarvi i miei ricordi oggi continuo con un aneddoto che riguarda proprio Jennifer Capriati (di cui Ubaldo vi ha appena raccontato una triste vicenda) e soprattutto suo padre Stefano che è stato nel bene e nel male il suo punto di riferimento imprescindibile.
Eravamo nel 1985 ed io in quegli anni, oltre a dirigere l’ufficio italiano di IMG, avevo anche la responsabilità con la mia Società di coordinare e dirigere la struttura che avevamo di reclutamento dei giovani talenti. Infatti i vari dirigenti dei Paesi più importanti si coordinavano con me ed insieme decidevamo quali erano gli obiettivi e stabilivamo quali azioni fare per poterli mettere sotto contratto con la nostra Società. Era un’operazione molto delicata e piena di difficoltà, ma così facendo le garantivamo una fonte di reddito sicura e proiettata nel tempo. Seguivo infatti tutti i più importanti eventi giovanili che erano le prove junior dei 4 Slam, i campionati europei ed alcuni altri tornei importanti per terminare l’anno in Florida in occasione dell’Orange Bowl e dei tornei a squadre che lo precedevano. Una di queste prove era la Sunshine Cup che si svolgeva a Delray Beach, poco distante da Miami dove poi nel mitico Flamingo Park di Miami Beach si sarebbe concluso l’anno con la prova under 18 dell’Orange Bowl. A Delray c’era il nostro amico Claudio Colucci, agente immobiliare di Pisa residente laggiù da anni e che ci sistemava in piccoli appartamenti, confortevoli e comodi sotto il sole del dicembre della Florida meridionale ed era una vera “pacchia” specialmente per noi che arrivavamo dalla fredda Europa. Claudio, gentilissimo, si occupava di noi ed anche di tutte le squadre che alloggiavano all’interno del resort che lui gestiva. Io, che me la cavavo con i fornelli, spesso facevo da mangiare ed ero molto ricercato al proposito.Il tutto si svolgeva in una piacevolissima atmosfera. Da me venivano gli svedesi, i francesi, gli spagnoli i sud-americani, ovviamente gli americani ed incominciavano a spuntare quelli dell’Europa dell’Est. All’interno della mia Società era molto apprezzato questo mio lavoro e tutti alla fine dell’anno apettavano il mio “World Junior Report” da Mc Cormack in giù. In questa relazione mettevo voti e piccoli giudizi su tutto il panorama mondiale, non solo su quanto visto nelle due settimane in Florida, ma su tutto l’anno. Un giorno stavo guardando un match tra il nostro N°1 Claudio Pistolesi ed un giapponese in un incontro di Sunshine Cup, una specie di Davis per squadre junior, ed accanto a me un italiano piuttosto corpulento non la smetteva mai di parlare e mi voleva convincere che “Pistola” non aveva la minima idea di come si doveva fare la voleè… e che doveva fare questo e quell’altro. Un vero stress !! Io incominciai a spazientirmi e dopo avergli detto che ok, va bene, ero d accordo con lui, che effettivamente era vero Claudio non era un granchè sottorete, con il gioco al volo, smisi di rispondergli, non gli parlai quasi più, con il deliberato scopo di levarmelo definitivamente di torno. Lui capisce e si gira per andarsene, ma prima esclama ” Comunque io ho una figlia di 9 anni che si allena con Jimmy Evert( padre di Chris) e tra qualche anno le metterà tutte in fila!” e deluso dalla mia scarsa loquacità alza i tacchi e se ne va. Con me lavorava il fratello di Chris Evert, John e tutti gli anni prima di rientrare in Italia era tradizione che sua madre Colette mi invitasse a casa a Fort Lauderdale per farci gli auguri e per gustare il suo delizioso agnello con la salsa di menta.
Come sempre,tutti gli anni, verso le sette mi presento dagli Evert e seduti in giardino ci raccontiamo un po’ di cose dell’Italia, da loro molto amata e ricordandomi di quanto successo qualche giorno prima chiedo a Jimmy “Tu conosci un italiano piuttosto massiccio, scuro di carnagione che parla sempre e dice di avere una figlia di 9 anni che tra qualche anno diventerà la migliore di tutte,e si allena con te? ” Jimmy mi guarda, sogghigna, e poi con molta sicurezza mi dice “é vero!! Si chiama Jennifer ed è un vero fenomeno per lo meno quanto lo era Chris alla stessa età!! ” Io sbianco ed incomincio a pensare a come avevo trattato male suo padre e a come recuperare la vicenda.Se quella ragazzina era così brava era proprio mio compito farlo. Mi ricordo che feci un viaggio di ritorno sempre pensando a quanto accaduto e a fare varie ipotesi sul daffarsi. Arrivo a Milano la vigilia di Natale e subito chiamo John Evert perchè andasse ad omaggiare Stefano e recuperare la posizione facendogli gli auguri di Natale anche da parte mia. E che gli dicesse pure che forse era vero che Pistolesi era tutto sbagliato ! …Anche se aveva vinto quell’anno l’Orange Bowl.
Qualche anno dopo per IMG riuscimmo a conquistare la firma di Jennifer …e del padre, E poi la storia la conoscete tutti.
Alla prossima.
Ubs: Continua così Cino, ci hai raccontato tre storie, quella di Bertolucci e Slozil, quella di Borg e la Mafia a Palermo, questa di Jennifer, una più carina dell’altra. Per il blog sei…un amico prezioso. Unico, direi.
9 Ottobre 2007 alle 18:23
se non ricordo male il vecchio cino era anche una sorta di manager della lafont e curava per questa azienda i rapporti con gli aussies alexander e dent, qualche ricordo in proposito su questi due atleti o su quello che era l’industria magliaria italiana dell’epoca, strapotente e unica?
9 Ottobre 2007 alle 20:45
Strepitoso Cino. Col povero Pistolesi, vittima sacrificale
10 Ottobre 2007 alle 00:19
Purtroppo il buon Claudio le voleé non le ha mai più imparate.
E pensare che prometteva benissimo. In quello stesso 1985, Claudio, ancora juniores, ebbe la wild card per il tabellone principale al Foro. Pescò un top ten, lo svedese Henrik Sundstrom, un atleta dal gran fisico, colpi pesanti, carichi di top spin e notevole rovescio a una mano (cosa rara fra gli svedesi).
Match in sessione serale, grande curiosità per la giovane promessa “de Monteverde”, centrale esaurito. Claudio non sente per nulla l’emozione, parte deciso, gioca il suo tennis di corri e tira con grande determinazione e notevole precisione. L’altro è sorpreso, sbaglia qualcosa, e la partita resta in equilibrio fino al tie break. Il Foro è una bolgia (per farvi capire, è come se oggi Trevisan stesse facendo match pari con Fernando Gonzales…). Claudio si esalta, gioca due dritti a sventaglio eccezionali (quello lo aveva…) e si procura un set point con il servizio a disposizione.
Il pubblico attende in religioso silenzio. Claudio mette la prima a uscire, da sinistra e, udite udite, la segue a rete, per prendere di sorpresa l’avversario! Sul set point! Ma il servizio è buono, e Sundstrom, in affanno, gioca una rispostina in back, senza peso, alta sopra la rete. Claudio si avventa, incredulo, sulla facile volée di dritto, ma nella foga eccede nell’apertura e perde il controllo del colpo. La palla, con l’avversario immobile e rassegnato, esce lunga di un dito.
Non posso dimenticare la penosa lentezza con cui il giudice di linea alzò il braccio per chiamare l’out…
Claudio si dispera, perde concentrazione, forza troppo i colpi e si imballa, mentre l’altro, scampato il pericolo, si ricorda di essere il n. 6 del mondo e il match non ha più storia. 76 61.
Mi sono sempre chiesto: chissà, se quella palla fosse rimasta dentro, forse la carriera di Claudio sarebbe stata diversa?
10 Ottobre 2007 alle 10:17
Mi riallaccio ai miei commenti fatti sul post precedente (quello firmato da Ubaldo) dove mi chiedevo se la gestione della ragazza da parte dei genitori e di chi le stava intorno sia stata la migliore per evitarle ciò che sta provando adesso. Ribadisco che la mia era una domanda posta senza nulla sapere di papà Stefano, di Evert e quant’altro. Però, uno che esordisce con la frase: “ho una figlia di 9 anni che tra qualche anno le metterà in fila tutte”, anche se poi è risultato essere (quasi) la verità, non mi sembra il massimo a livello di educazione e di gestione del successo. Ma magari mi sbaglio.
10 Ottobre 2007 alle 10:23
Se Pistolesi non avesse sbagliato la volée decisiva nel primo set contro Sundstrom la sua carriera sarebbe cambiata?
Il tennis è una metafora della boxe. Uno di quegli incontri che continuano quasi fino allo sfinimento, ripresa dopo ripresa, ganci, diretti, colpi a vuoto, niente di stabilito, nulla di certo, i cambi di campo come il gong, e poi ancora il gong, e ancora… E tu e il tuo avversario così simili, praticamente uguali: è impossibile non capire che il vero avversario sei tu stesso.
Il vecchio detto secondo il quale un coraggioso grosso uomo batterà sempre un coraggioso piccolo uomo è stato sovente smentito. Perché esiste il Caso: evento accidentale, privo di finalità.
Questo fatto fortuito genera quel che accade concretamente, ciò che dunque non può più non essere, o non può più essere altrimenti. Tale evento ha dunque il carattere di verità, mentre la possibilità è una soluzione soltanto talvolta vera.
La volée di Pistolesi era una possibilità che si è dimostrata falsa, generando ciò che è diventato inevitabile. La vera domanda è dunque un’altra: quanto è accaduto ha comportato nuovi e differenti vantaggi a Pistolesi? Penso di sì. Perché l’indispensabile adattamento a quella realtà ha richiesto la ricerca di altre possibilità, che si sono dimostrate finalmente vere e positive.
11 Ottobre 2007 alle 09:03
L’interrogativo posto da Roberto sul colpo di Pistolesi uscito di poco ed il bel commento di Thomas sull’evento accidentale, privo di finalità, che può però comportare nuovi e differenti vantaggi, pur se apparentemente negativo, mi fanno ritornare alla mente un film divertente di qualche anno fa che affrontava, pur con minore consapevolezza e profondità, le stesse tematiche: Sliding Doors.
11 Ottobre 2007 alle 17:04
Sarà pure banale dirlo, ma questi aneddoti raccontati da Cino Marchese sono straordinari!!!
Mi raccomando non ci fermiamo proprio ora che ci stiamo avvicinando alla pausa invernale…